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Risorse al Sud: si taglia

Le risorse destinate al sud vengono ridotte dalla legge di bilancio di 5,3 miliardi in tre anni

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Caccia alle risorse: sono giornate febbrili per la chiusura della versione definitiva della manovra di bilancio, che come ogni anno viene “presa d’assalto” dai partiti con una miriade di emendamenti.

Alla Commissione Bilancio della Camera sono pervenute 4.500 proposte di correzione, di cui 1.200 presentate dagli stessi gruppi di maggioranza (circa mille da FI e Lega).

E’ il solito rituale con il quale i vari partiti cercano di piazzare le cosiddette “bandierine”, ottenendo variazioni alla manovra da poter poi spendere con i propri elettori. Spesso anzi si tratta di richieste che i proponenti sono consapevoli già in partenza che non potranno essere accolte, ma vengono presentate solo per ottenere il consenso dell’elettorato.

commissione bilancio

Intanto, a margine di questo tradizionale assalto alla diligenza, la SVIMEZ ha depositato in Commissione Bilancio una memoria che, per chi vive e opera al Sud, risulta assolutamente inquietante.

La SVIMEZ (associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno) in questa memoria ha evidenziato i tagli ai fondi destinati al Sud contenuti nella manovra, che ammontano a ben 5,3 miliardi di euro nel triennio 2025-2027.

Ad incidere pesantemente su tale riduzione è la fine della cosiddetta decontribuzione Sud. Questa agevolazione, soggetta anno per anno all’autorizzazione della Commissione Europea, è (o per meglio dire era) costituita da uno sgravio contributivo previsto per tutti i datori di lavoro privati aventi sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. L’agevolazione è stata introdotta in via sperimentale nell’agosto 2020 e rifinanziata dalla Legge di Bilancio 2021 con intensità decrescente fino al 2029. La percentuale di esonero dai contributi previdenziali prevista per il 2025 era del 30%, ridotta al 20% per il 2026 e il 2027 e al 10% per il 2028 e il 2029.

Se consideriamo l’elevata incidenza dei contributi previdenziali sul costo del lavoro, è evidente come questa misura fosse di vitale importanza per tutelare i livelli occupazionali in aree tradizionalmente svantaggiate dal punto di vista socioeconomico (favorendo peraltro anche l’emersione dal lavoro nero), costituendo nello stesso tempo un importante strumento per favorire la competitività e la crescita delle aziende dislocate in queste aree.

Rivolgendosi poi, a differenza di altre misure agevolative, alla totalità dei datori di lavoro del Sud, e dunque anche a tutte quelle realtà imprenditoriali di piccole o piccolissime dimensioni che costituiscono il tessuto dell’economia italiana meridionale, la misura rivestiva una enorme valenza sia economica che sociale.

Nonostante gli effetti positivi che dalla sua nascita ad oggi la decontribuzione Sud ha determinato sull’occupazione e sull’economia meridionale, la manovra di bilancio ne ha previsto il taglio dal 2025, distogliendo dalle aziende del Sud fondi per 5,9 miliardi nel 2025 e 4 miliardi annui per il 2026 e il 2027.

Le risorse risparmiate sono state utilizzate solo parzialmente per altre misure destinate ad aziende del Sud: un fondo destinato all’acquisto agevolato di beni strumentali (9,1 miliardi dal 2025 al 2029), la proroga del credito di imposta per gli investimenti effettuati nella zona economica speciale (ZES) del mezzogiorno (1,6 miliardi), lo sgravio contributivo per le nuove assunzioni effettuate sempre nella ZES (171,1 milioni)

Uno spostamento di fondi che alla fine ha comportato, come rileva puntualmente la SVIMEZ, una riduzione di risorse per le imprese del Sud pari, appunto, a 5,3 miliardi di euro nel triennio 2025-2027.

Il tutto con buona pace delle tante dichiarazioni (evidentemente molto spesso solo di facciata) con cui si affermava l’intenzione di favorire la crescita delle regioni meridionali.