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Alemão: il numero 5 del centrocampo sempre a servizio della squadra

Ricardo Alemão compie oggi 63 anni dopo aver dedicato una vita intera al calcio. Grinta, tenacia, gamba ed anche quel pizzico di eleganza brasiliana che ne hanno reso uno dei più forti metronomi di centrocampo fra gli anni 80’ e i primi 90’

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Buon sessantatreesimo compleanno a Ricardo Rogério de Brito, da sempre soprannominato Alemão. Non si sa neanche bene il motivo. Forse per la sua capigliatura bionda e la sua carnagione chiara che richiamava i tratti tedeschi (in portoghese alemão vuol dire proprio tedesco) o semplicemente perché nelle partite di quartiere, fin da piccolo, qualcuno iniziò a chiamarlo così. Fatto sta che nel mondo del calcio, il brasiliano classe 1961, da sempre è conosciuto semplicemente come Alemão.

Gli inizi di Alemão

«Non mi interessava il tipo di impiego. Volevo solo fare soldi, diventare ricco. Credo di essere nato per questo: vincere, in qualunque attività».

Terzo di 5 fratelli. Il papà lavorava nell’ente ferroviario potendo garantire lo stretto necessario alla famiglia ma nulla di più. Fin da piccolo Ricardo Rogério decide che nella vita, qualsiasi attività avesse intrapreso, sarebbe stato fra i migliori. Nato il 22 novembre 1961 a Lavras, in Brasile, ben presto Alemão inizia a primeggiare in molti suoi hobby.

Alemao con la maglia del Botafogo squadra brasiliana che lo lanciò nel grande calcio

Fra questi c’è il calcio. Lo inizia a praticare a livello regionale con il Fabril, una piccola squadra di Lavras. Qui viene notato dal Botafogo, con il quale nel 1980 partecipa ad uno stage di 15 giorni, salvo poi rimanere ben sette anni nell’ex squadra di Garrincha, Vinicio e Jairzinho.

L’arrivo in Europa

Dopo quelle stagioni, fra alti e bassi del Botafogo, squadra con cui debutta nel grande calcio brasiliano, Alemão capisce che è arrivato il momento per il grande salto. Lo nota Vicente Calderon, banchiere, imprenditore ed allora presidente dell’Atletico Madrid a cui, per la gestione presidenziale e la creazione nel 1966 del nuovo stadio gli era pure stato intitolato l’impianto di gioco della squadra, che si chiamerà così fino al 2017.

Il presidente spagnolo fa di tutto per portare il brasiliano a Madrid. Dopo avercela fatta non riuscirà mai a godersi il debutto del numero 5 (maglia con cui Alemão ha sempre giocato) in divisa biancorossa. Calderon scompare difatti nella primavera del 1987 pochi giorni prima dell’arrivo di Alemão.

Alemao prova il tiro con la maglia dell’Atletico Madrid

A Madrid il “tedesco” vivrà una stagione da protagonista nonostante lo scetticismo iniziale sia del nuovo presidente che del nuovo allenatore. Il suo rendimento è ottimo, ma quello della squadra un po’ meno. A fine anno a farne le spese saranno lui e altri 5 compagni di squadra.

Gli anni più belli di Alemão a Napoli

4,6 miliardi di lire. Questa la cifra investita dal presidente Corrado Ferlaino nell’estate del 1988 per portare Alemão a Napoli, dove raggiunge il suo connazionale Careca ed il più forte di tutti, Maradona. È appunto il terzo straniero del Napoli per quella stagione in cui militano calciatori come De Napoli, Francini, Ferrara, Giuliani, Crippa, Carnevale.

Alemao insieme ad alcuni altri protagonisti del Napoli vittorioso in Coppa Uefa

Il Napoli aveva vinto il primo scudetto della sua storia nel 1987, soltanto una stagione prima, e l’intenzione chiara era quella di cercare di puntare nuovamente al secondo. Con Ottavio Bianchi in panchina gli azzurri ci provarono ma a fine stagione la squadra di Ferlaino dovette “accontentarsi” di un secondo posto alle spalle dell’Inter di Trapattoni. Alla fine dell’anno il Napoli trionfò, ancora oggi unico riconoscimento internazionale dei partenopei, in Coppa Uefa a Stoccarda. In quella finale Alemão siglò anche un gol su assist di Maradona.

La stagione successiva è quella della definitiva consacrazione di Alemão nel calcio europeo. Vince da protagonista del centrocampo il campionato con il Napoli. Alemão avrà un ruolo fondamentale per tutta la stagione, ma per molti, ancora oggi, viene ricordato solo per il famoso episodio della monetina a Bergamo, e per tutte le polemiche che generò.

Alemao soccorso da Carmando a Bergamo

Dopo la metà della prima frazione di gara, a quattro giornate dal termine e con il Milan sopra in classifica di un punto, viene difatti colpito alla testa, nel match contro l’Atalanta fermo sul risultato di 0-0, da una monetina da 100 lire lanciata dagli spalti. Accasciatosi a terra venne medicato da Carmando a bordo campo per poi essere sostituito da Zola. La partita finirà così ma dopo il ricorso del Napoli per quell’episodio sarà assegnato un 2 a 0 a tavolino alla squadra di Ferlaino (risultato che alla fine del campionato non fu determinante per la vittoria del tricolore) che sorpassò il Milan in classifica.

È il 1990, l’anno del secondo scudetto con in panchina Albertino Bigon. Festa grande in tutta la città. Il Napoli poi batterà anche la Juventus al San Paolo per 5-1 conquistando la Supercoppa Italiana.

Il botta e risposta fra Van Basten, Sacchi e Alemão e tutte le polemiche che ancora oggi riaccendono la sfida di inizio anni 90’:

“Hanno fatto tutto il possibile per darlo al Napoli. Le nuove regole permettevano di partecipare alla Coppa dei Campioni sia ai vincitori dell’anno prima, sia ai vincitori del campionato. Noi avevamo vinto la Coppa dei Campioni e fecero di tutto per non farci vincere il campionato e mandare due squadre italiane nella massima competizione europea” Marco Van Basten, bomber olandese in forza al Milan quell’anno

 “La famosa monetina che colpì Alemao? Meglio non commentare quanto accadde altrimenti rischio di finire in galera” Arrigo Sacchi, ex tecnico del Milan

 Fui colpito da una monetina che mi fece molto male. Non solo sanguinavo, ma mi girava la testa. Un calciatore non vuole mai uscire dal campo, io ci tenevo a finire la partita, ma non ero nelle condizioni per farlo”. Ricardo Alemão

L’Atalanta ed il ritorno in Brasile

Alemao all'Atalanta

Alemao con la maglia dell’Atalanta in contrasto sul sampdoriano Ruud Gullit

Dopo quattro stagioni giocate ad altissimo livello, nonostante il Napoli concluda poi i due campionati successivi allo scudetto al settimo ed al quarto posto, Alemão approda proprio all’Atalanta, sulla cui panchina siede Marcello Lippi. Qui rivestirà il ruolo di difensore centrale, al fianco di un giovane Paolo Montero. I bergamaschi sfiorano la qualificazione in Coppa Uefa ma l’anno successivo Guidolin non sarà in grado di ripetere la stagione del suo predecessore e l’Atalanta scenderà di categoria, con un piazzamento al penultimo posto, dopo ben sei stagioni in massima serie.

Alemão fa ritorno in patria. Prima al San Paolo, dove in due stagioni metterà a referto 31 presenze ed un gol, e quindi al Volta Redonda, nel campionato Carioca, con cui chiuderà la carriera professionistica.

Ma che calciatore era Alemão?

 Brasiliano di nascita. Ti aspetteresti un calciatore tutto samba e doppi passi. Invece no. Questo non era certamente Ricardo Alemão. Quando il centrocampista capì di non avere la classe dei grandi dei del calcio, quella o ce l’hai o non ce l’hai, non si perse d’animo. Voleva fare il calciatore e calciatore divenne.

Al Botafogo riuscì ad emergere anche a discapito di calciatori più fisici e più tecnici di lui. Ma la tenacia non si compra al mercato. La voglia di emergere. La continua lotta su ogni pallone. La costante presenza durante tutta la partita. Il calcetto all’avversario per recuperare palla. Tutto questo, e non solo, era Alemão.

182 centimetri per 76 chilogrammi, non disdegnava neanche la rete. Era dotato di un buon tiro da fuori area e spesso riusciva a trovare la via del gol o così o grazie ai suoi inserimenti da dietro: 7 volte in rete con il Botafogo, 5 con l’Atletico Madrid, 9 con la maglia del Napoli, 2 con l’Atalanta, 1 volta col San Paolo ed 1 col Volta Redonda.

Paragonabile all’attuale metronomo del centrocampo partenopeo Lobotka per intenderci, anche se trovava il gol più spesso dello slovacco. Un misto fra lui, Ricci, Tonali e Locatelli, volendo menzionare i 3 centrocampisti della nazionale italiana agli ordini di Spalletti che ricoprono la sua stessa porzione di campo.

Alemão sapeva esprimersi in campo con la giusta qualità di Tonali e Ricci, era rarissimo sbagliasse un passaggio per i propri compagni di squadra, la stessa determinazione e precisione di Locatelli e la stessa forza fisica di Lobotka, che seppur più tarchiato del collega di reparto brasiliano, sa sempre come farsi valere contro avversari di un certo spessore.

Alemao a guardia del centrocampo partenopeo

Quello di Alemão era senza dubbio un apporto di classe geometrico continuo al gioco della squadra, perché non gli servivano i dribbling da fenomeno, le trivela, le rabona, i tacchi o i doppi passi per essere considerato un calciatore dal valore inestimabile. Parola anche di Antonio Careca, suo compagno di squadra al Napoli e connazionale brasiliano che paragona proprio Lobotka al suo grande amico Alemão: “Lobotka corre un sacco di chilometri e mi ricorda Alemao che giocava dappertutto, a destra, a sinistra avanti ed indietro”.