Tra poco più di due mesi avrà luogo la cerimonia di insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America: Donald Trump.
La sua vittoria ha scosso l’opinione mondiale, ma non è stata completamente inaspettata. I Democratici hanno infatti condotto una campagna elettorale molto peculiare e non sono riusciti a convincere gli elettori.
La prima strada intrapresa dai Dem americani è stata quella di ricandidare l’attuale Presidente Biden, ignorando le condizioni di salute che preoccupavano l’opinione pubblica: sono numerose le testimonianze online di momenti in cui Biden non sembrasse essere completamente in forma, confondendo in alcuni discorsi persino parole o Paesi interi.
Anche se ha significato la mancanza di tanti investimenti, i Dem hanno perseguito l’opzione Biden fino a pochi mesi fa, quando lui stesso ha annunciato il suo ritiro e il conseguente appoggio invece alla candidatura di Kamala Harris, il suo vice Presidente. Questo ha effettivamente portato verso le casse dem una somma ingente di donazioni, avendo gli investitori recuperato la fiducia nei confronti di un candidato, ma anche questa scelta è stata oggetto di insoddisfazione degli elettori.
Molti americani, infatti, non hanno appoggiato tante decisioni del governo Biden, di cui inevitabilmente faceva parte anche Kamala Harris, tra le più evidenti la timidezza nel prendere veri provvedimenti sulla situazione in Medio Oriente e il continuo invio di soldi e risorse militari a Kiev da utilizzare per difendersi dalla Russia, senza che in alcuno dei due casi si formasse una concreta opzione di un tavolo per la pace (posizioni che sono state poi usate dall’oppositore in campagna elettorale).
Kamala Harris durante la breve corsa alla Casa Bianca ha espresso la volontà di voler fermare queste guerre, ma le sue parole sono sembrate vuote a molti elettori che si sono chiesti perché non avesse applicato questi pensieri mentre si trovava già in una posizione decisionale.
Un altro punto fondamentale è stata la scelta sia dei democratici sia dei repubblicani di basare gran parte della propria campagna sul dissenso verso l’avversario, invece che su proposte concrete e credibili. Su questo però hanno inevitabilmente guadagnato terreno i republicani, potendo proporre alternative a tutto ciò che era stato effettivamente realizzato negli ultimi 4 anni, cosa che invece non è stata possibile per i democratici, che si sono trovati dinnanzi alle domande del “perché non lo avete fatto prima”.
Ancora, la scelta dei Dem di coinvolgere nei propri comizi tante superstar di Hollywood e della televisione è stata oggetto di critiche in quanto ora, a differenza delle precedenti elezioni, è sembrata evidenziare un distacco inconscio dal popolo medio del paese che non si è sentito rappresentato sui palcoscenici democratici.
Queste sono solo alcune delle possibili ragioni per cui gli americani non hanno sostenuto l’insediamento di un democratico alla Casa Bianca per i prossimi 4 anni, preferendo invece il predecessore di Biden: Donald Trump.
Nonostante, infatti, i processi in corso e molte delle sue dichiarazioni discutibili, ha avuto il supporto del Paese, superando i numeri di voti nazionali conquistati nel 2016 e nel 2020.
Il neo presidente americano è stato molto vocale in questi anni di governo dem, ponendosi in posizioni diametralmente opposte ai suoi avversari e incassando così, strada facendo, l’invitabile approvazione degli scontenti.
Donald Trump ha sottolineato più volte come avrebbe fermato le guerre una volta rientrato alla Casa Bianca e infatti pare ci siano già stati dei contatti con la Russia, pochi giorni dopo la vittoria, duranti i quali il tycoon ha espresso interesse a discutere “una rapida risoluzione della guerra in Ucraina”. Mark Rutte, segretario generale della Nato, ha detto di “volersi sedere al tavolo con Trump per capire come affrontare questa minaccia collettivamente”, riferendosi propri agli ultimi sviluppi nel conflitto tra Russia ed Ucraina. Inoltre Trump ha già approvato la proposta di cessate il fuoco in Libano e ha “espresso la speranza che ciò avvenga prima del suo ingresso nello Studio Ovale”, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal.
Gli equilibri mondiali potrebbero però avviarsi verso un cambiamento poiché Trump ha alluso più volte all’idea di voler uscire dalla Nato o comunque di voler modificare la disparità dei contributi dei vari Paesi per le spese militari al suo interno. Infatti il tycoon ritiene che l’Europa non contribuisca abbastanza nelle spese militari e che si approfitti dell’America negli scambi commerciali (affermazioni fatte qualche giorno prima delle elezioni), sottendendo quindi un possibile aumento dei dazi dopo il suo insediamento.
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen però ha cercato di stemperare le preoccupazioni che avevano suscitato le parole di Trump in Europa, sostenendo che l’Ue e gli Stati Uniti sono legate da un partenariato solido, che li rende più di semplici alleati e per questo le due potenze lavoreranno insieme nel prossimo futuro per obiettivi comuni, argomenti che, secondo le dichiarazioni della presidente della Commissione Europea, sarebbero emersi nel corso della sua telefonata per congratularsi con il neo presidente.
Preoccupa, però, anche la possibilità che gli Stati Uniti escano dall’accordo di Parigi sul clima, che creerebbe il rischio di un velocizzarsi vertiginoso del processo del cambiamento climatico. Il Papa ha auspicato invece che la Cop 29 Baku dia un contributo concreto “per la tutela della nostra casa comune”.
Tutto questo accade al di fuori dei confini americani, ma anche al loro interno vi è preoccupazione sul futuro incerto. Infatti vi sono state diverse proteste in giro per gli Stati Uniti, a New York, a Washington, a Seattle, a Portland, che però parrebbero aver incluso numeri minori di partecipanti rispetto alle manifestazioni del 2016.
Ci sono conseguenze dell’elezione di Trump anche in campo giudiziario. Poiché sarebbero resi inutili per la sua promessa di grazia, due giudici federali hanno infatti già annunciato il rinvio dei processi penali per alcuni imputati di quanto accaduto il 6 gennaio 2021 a Capitol Hill.
Stanno suscitando reazioni inoltre gli annunci delle scelte del tycoon per la sua squadra di governo, primo esempio tra tutti è la nomina dell’imprenditore Elon Musk a capo del Dipartimento per l’efficienza governativa, che rappresenterebbe un enorme conflitto di interessi in quanto è uno dei maggiori contractor del governo federale. Molti, in protesta, stanno abbandonando la piattaforma social X, di propietà dell’imprenditore sudafricano, emigrando invece su Bluesky, facendo guadagnare così circa un milione di utenti alla piattaforma competitor. Vi sono anche tanti giornali come Le Figaro e il Guardian che hanno deciso di uscire da X per i “contenuti allarmanti” del social.
Anche il prossimo segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani rappresenta una scelta controversa. Robert F. Kennedy Jr. è un no vax e la sua nomina ha fatto infatti crollare in picchiata le azioni dei produttori di vaccini.
Come segretario alla Difesa invece Donald Trump ha nominato Pete Hegseth, sconvolgendo i funzionari del Pentagono con la scelta di una personalità di Fox News al comando di 1,3 milioni di truppe attive in uniforme e oltre 750.000 civili. Sono anche riemerse delle accuse di una presunta aggressione sessuale risalente al 2017 che coinvolgeva il conduttore televisivo, che però ha negato ogni coinvolgimento.
Prima dell’insediamento ufficiale di Trump che avverà il 20 febbraio 2025 non si avrà però alcuna certezza di quante e quali delle sue promesse elettorali il tycoon deciderà e avrà la possibilità di mantenere e quanto e in che modo le sue scelte influenzeranno il mondo dentro e fuori i confini degli Stati Uniti d’America. Possiamo solo immaginare che tra 4 anni gli equilibri mondiali saranno diversi da quelli che abbiamo osservato con la presidenza di Biden. Almeno si può presupporre che, tra tante preoccupazioni che ha scatenato la vittoria di Donald Trump, potrebbero effettivamente fermarsi delle guerre in corso, anche se non sappiamo quale sarà il prezzo, già molto alto in vite umane, che si dovrà pagare per arrivare alla pace.