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Igor Tudor e il suo Verona all’attacco a testa alta

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Le squadre sono sempre specchio del proprio allenatore e per questo i gialloblù dall’arrivo del tecnico croato in panchina stanno mantenendo il livello delle stagioni precedenti, sviluppando nuove strade e continuando a stupire

In un campionato come quello italiano che al confronto con le altre realtà del calcio europeo negli ultimi tempi finisce per prendere qualche sberla di troppo nelle competizioni internazionali rispetto al glorioso passato e che a mano a mano per ricercare quell’appeal e competitività perduti sta rinunciando sempre di più alla propria identità, ci sono squadre che seppur non blasonate lasciano ben sperare per il futuro, catturando l’attenzione grazie a filosofia di gioco, mentalità ed impegno da parte dei calciatori e soprattutto studio e umiltà da parte degli allenatori.

Una di queste è proprio il prossimo avversario del Napoli, il Verona, la prima ad interrompere nel girone d’andata la serie iniziale di vittorie consecutive casalinghe inanellata dagli azzurri di Spalletti. Una squadra che, dopo due anni di splendidi risultati sotto la guida di Juric, sembrava aver perso con l’ingaggio di Di Francesco quegli stimoli, quella voglia di mettersi nuovamente in gioco e quella ricerca del miglioramento necessari per disputare una stagione di livello, tutti ritrovati di colpo e con un colpo di bacchetta magica quando a sedersi sulla panchina gialloblù è stato chiamato un altro croato: Igor Tudor.

Grinta e vittoria a tutti i costi

All’ex difensore della Juventus, oggi allenatore, la grinta e la propensione verso il conseguimento della vittoria a tutti i costi non sono mai mancati, oltre alla cattiveria agonistica e l’istinto di attaccare l’avversario a testa alta e senza alcuna paura probabilmente insiti nella sua personalità e marchio di fabbrica di una provenienza geografica che per la sua storia e le sue vicissitudini ha dato vita a tante professionalità di questo tipo. Qualità che lo stesso Tudor sin dal primo giorno è riuscito a trasmettere al suo Verona, che oggi dalla zona retrocessione viaggia a metà classifica e naturalmente strizza l’occhio a qualcosa di più importante quando la dimensione del sogno prende il sopravvento su quella della realtà.

Dalla difesa all’attacco è un attimo

Da una stagione all’altra, da un croato all’altro, il Verona è sicuramente cambiato. Dalla forza difensiva che ha consentito ai gialloblù negli ultimi due anni di giocarsela quasi alla pari anche con le squadre più importanti del campionato, a cui purtroppo faceva da contraltare una evidente difficoltà ad andare in rete soprattutto con gli attaccanti, con l’arrivo di Tudor i riferimenti offensivi hanno cominciato a recitare un ruolo di primo piano grazie ad una filosofia di gioco improntata alla ricerca della verticalizzazione, della velocità e della concretezza e poco incline al possesso palla, ad una manovra lenta e forzata con le spalle rivolte alla porta avversaria all’insegna di quel retropassaggio che smorza l’emozione, aumenta gli sbadigli e suscita una forte perdita di interesse e di entusiasmo.

Basta soffermarsi per un attimo sulla prolificità ritrovata da Simeone, sulla grande utilità di Caprari nello sviluppo del gioco offensivo unita agli inserimenti costanti di Barak e alla costruzione dal basso di Miguel Veloso per capire quanto il lavoro di Tudor sia stato determinante per il rendimento di una squadra che dopo due stagioni importanti poteva soltanto peggiorare e difficilmente mantenere lo stesso livello sviluppando altre vie. L’ennesima dimostrazione quindi che tutti sono utili ma nessuno indispensabile, a patto che si abbia la competenza necessaria nell’esercizio della professione, si creda in quello che si sta facendo e soprattutto si mostri dedizione ed impegno non lasciandosi andare a chiacchiere e perdite di tempo.

Un modello possibilmente da replicare

Contro squadre che giocano a viso aperto il Napoli ha sempre avuto minori difficoltà rispetto a quelle che preferiscono chiudersi nella propria metà campo e tentare la fortuna. Il Verona di Tudor raramente scende in campo con quest’idea, anche se nelle varie partite di campionato il tecnico croato ha dimostrato di tenere a due cose al di là della tattica: l’identità della squadra e la mentalità dei calciatori che scendono in campo.

Questo significa che i gialloblù mettono sul terreno di gioco quello spirito che si vede praticamente sempre nel campionato inglese, dove si scende in campo per vincere indipendentemente dall’avversario e dalla posizione in classifica, seguono quella filosofia di gioco che in campo internazionale le squadre italiane non riescono a mettere in pratica contro le corazzate europee più forti dal punto di vista tecnico ed economico, anche se qualcuno potrebbe obiettare che è stato vinto nel luglio scorso un Europeo proprio contro gli inglesi naturalmente da contestualizzare ed analizzare con attenzione, ma soprattutto rappresentano un avversario ostico per il Napoli di Spalletti, da non sottovalutare assolutamente.

Perché Igor Tudor venderà cara la pelle e farà di tutto per aggiungere alla propria classifica altri tre punti preziosi, nonostante di fronte ci sia una squadra più forte, blasonata e candidata a ben altri obiettivi.