Giampaolo Pozzo nel luglio del 1986 acquista l’Udinese dall’industriale Lamberto Mazza, artefice dell’arrivo in Friuli del fuoriclasse Zico.
Pozzo, all’epoca quarantacinquenne, è tifoso dell’udinese fin da bambino e, venuto casualmente a conoscenza dell’intenzione di Mazza di cedere il club, lo rileva nonostante sia venuta meno la cordata di imprenditori che in un primo momento sembrava doverlo sostenere nell’acquisto.
I Pozzo: una famiglia di imprenditori
La famiglia Pozzo fa impresa sin dal 1910, quando il nonno di Giampaolo fonda l’azienda Freud (Frese Udinesi), che produce utensili industriali per la lavorazione del legno.
La Freud negli anni si sviluppa sia in Italia che all’estero, e apre numerose sedi, sia nel Nord-Est che negli Stati Uniti, in Canada, Regno Unito, Russia e Cina.

Uno stabilimento Freud
Giampaolo, che fa parte della terza generazione, eredita l’impresa di famiglia dal padre Diego insieme ai fratelli Gianfranco e Giancarlo, con i quali estende l’attività anche nei mercati spagnolo, con la società Casals, e francese, con la Saturne International.
Nel 2008 i Pozzo cedono le attività del gruppo in Italia, corrispondenti a circa un terzo delle attività complessive del gruppo e della famiglia, alla multinazionale tedesca Bosch, che impone la riservatezza circa la diffusione delle cifre dell’accordo.
L’impegno nell’Udinese
Quando Giampaolo Pozzo nel 1986 rileva l’Udinese, diviene presidente di un club in grandi difficoltà: coinvolta in uno scandalo legato alle scommesse, la società friulana viene dapprima retrocessa in Serie B e poi ammessa a disputare la Serie A, ma con una penalizzazione di nove punti che al termine della stagione la condannerà alla retrocessione.
I primi anni di gestione Pozzo sono abbastanza travagliati, con una alternanza tra Serie A e Serie B che si protrae fino alla stagione 1994-1995: da allora, e sono oramai quasi trent’anni, l’Udinese ha sempre disputato il massimo campionato.
Negli anni di Serie A disputati sotto la guida dei Pozzo, che dopo la famiglia Agnelli rappresentano la proprietà più longeva della serie A, il club friulano ha vissuto per la verità alti e bassi.
Il migliore piazzamento è stato il terzo posto raggiunto per due volte, nel 1997-1998 con Alberto Zaccheroni e nel 2011-2012 con Francesco Guidolin. Nel 2000-2001 poi l’Udinese, allenata da Luciano Spalletti, è arrivata in semifinale di Coppa Italia e ha conquistato la Coppa Intertoto.

Luciano Spalletti all’Udinese
I friulani si sono qualificati per la Champions League in tre occasioni: per due volte (2011-2012 e 2012-2013) sono usciti ai preliminari, mentre nel 2005-2006 sono stati eliminati ai gironi.
Dalla stagione 2013-2014 in poi, però, il club non ha mai superato il 10° posto in classifica in campionato, sfiorando in un paio di occasioni la retrocessione in Serie B.
Udinese: primo obiettivo sostenibilità
In una intervista di qualche anno fa Giampaolo Pozzo ha dichiarato: “Qualunque azienda si gestisca, una famiglia, una bottega o la Fiat, la regola è sempre la stessa, dare e avere devono andare d’accordo. Altrimenti prima o poi finisce male”.
E nell’ultimo decennio di gestione dell’Udinese il principio dell’equilibrio e della sostenibilità dei bilanci (ottenuto prevalentemente attraverso la valorizzazione dei calciatori) ha preso completamente il sopravvento, anche a discapito dei risultati sportivi.
Il club friulano si è dotato di un servizio di scouting, organizzato da Gino Pozzo (il figlio di Giampaolo), molto efficiente e diffuso, che scova in tutto il mondo giovani calciatori di talento perlopiù sconosciuti da acquistare a costi ridotti, valorizzare e poi rivendere massimizzando il ritorno economico con enormi plusvalenze.

Pierpaolo Marino all’Udinese
Grande interprete di questa politica è stato il Direttore Pierpaolo Marino, che nel suo periodo all’udinese ha scoperto e valorizzato numerosi giovani di talento.
L’Udinese, che è una delle squadre italiane che guadagnano di più dal player trading dei calciatori e dalle plusvalenze, è riuscita così a chiudere i propri bilanci quasi sempre in utile.
Sulla sostenibilità del club incide anche la proprietà dello stadio, abbastanza rara in Italia: nel 2016 lo Stadio Friuli (risalente al 1976) è diventato il “Dacia Arena” dopo che il comune di Udine ha concesso al club lo sfruttamento della superficie per 99 anni per un corrispettivo di 4,55 milioni, con un costo complessivo per la società (compreso riqualificazione e ristrutturazione dell’impianto) di circa 30 milioni di euro.
Le altre proprietà: Granada e Watford
La famiglia Pozzo, consapevole delle grandi possibilità di guadagno offerte dal calcio, ha effettuato investimenti anche in altri club europei, sollevando per la verità spesso dubbi e polemiche circa le operazioni poste in essere, ma ottenendone anche notevoli proventi.
Nel 2009 i Pozzo hanno acquisito il controllo del club andaluso del Granada, che hanno portato in due anni dalla Tercera División (la Serie C italiana) alla Liga, dopo 35 anni dall’ ultima apparizione nel massimo campionato. Poi, nel 2016 i Pozzo hanno ceduto il Granada al colosso cinese del marketing Desports Group.
Nel 2012 la famiglia Pozzo ha rilevato il Watford, che possiede tuttora, riportandolo in due stagioni dalla Championship (la nostra Serie B) alla Premier League. Da allora, una continua alternanza tra prima e seconda divisione.
Come si diceva, il modello di gestione dei Pozzo si è trovato però spesso al centro di polemiche e sospetti, soprattutto riguardo alle presunte irregolarità commesse nelle numerose operazioni di mercato effettuate tra i tre club posseduti, e le attività della famiglia friulana sono state oggetto di indagine sia da parte della Guardia di Finanza che da parte dell’Autorità anticorruzione spagnola.
Dunque risultati sportivi discreti, bilanci in equilibrio e gestione sostenibile ma non sempre completamente trasparente.