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Morto un papa se ne fa un altro

Riflessioni su una giornata trascorsa tra i pellegrini che hanno voluto salutare Papa Francesco prima del suo funerale. L’imponenza di San Pietro e il marasma di lingue e dialetti e poi la visione da vivo di Papa Bergoglio che non ci abbandonerà

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Ho scelto questa popolare espressione come titolo di questo breve articolo, in cui non ho la presunzione di commentare gli avvenimenti che sono stati da tutte le fonti di informazioni illustrati fin nel dettaglio, proprio perché questa volta questo detto non corrisponde a verità.

Questa sarà solo un’esposizione di una persona come tante che si è ritrovata, per una coincidenza del destino, nella capitale lo stesso giorno in cui si apriva al popolo la porta di San Pietro per l’ultimo saluto al Pontefice Papa Francesco.

Il mattino di giovedì, dopo una breve colazione seduti ad un café dove si ascoltavano gli accenti di tutto il mondo: da quello siciliano del ristoratore del bar a quello romano di varie persone di mezza età, a quello di gente dell’Est, di giapponesi, di cinesi, abbiamo proseguito oltre piazzale Gregorio VII mescolandoci alla folla di persone che percorrevano la stessa via, forse nello stesso nostro intento: arrivare in San Pietro e salutare il Papa.

La strada percorsa a piedi è stata breve fino a Piazza del santo uffizio. Ai margini della strada vi era un clochard, un vagabondo, seduto in carrozzella con il suo cane accucciato davanti a lui che rosicchiava un osso, mentre la sua signora cuoceva delle succulente cosce di pollo su di un fornellino da campeggio. Una giornata come tante, per loro, forse, o forse no. Probabilmente si erano spostati proprio lì, fin quando le forze dell’ordine glielo avrebbero concesso, nella speranza di racimolare qualche elemosina in più. Un quadro di famiglia, lui, lei, ed il cane come fedele amico.

Proseguendo e svoltando l’angolo, piazza san Pietro si aperta allo sguardo, ancora non era possibile vederla in tutta la sua imponenza perché varie postazioni di controllo di sicurezza bloccavano l’entrata.

Oltrepassato il gate finalmente eravamo dentro.

Ed ecco per sempre lei, lo slancio, l’energia, la passione che questa piazza trasmette è unica, come lo è la basilica di San Pietro.

La fila ancora non fitta era gioiosa e silenziosa. Mi sono ritrovata pellegrina tra i pellegrini.

Piazza San Pietro il giorno del funerale di Papa Francesco

San Pietro, una immensa basilica, al cui interno tra i tanti altari sembrano celarsi molte altre chiese, una enorme scatola magica dai mille misteri. Eppure, questa volta l’immensità della basilica non spaventava più, Papa Francesco è riuscito a far sentire vicini a lui i fedeli, anche in questo momento tanto celebrativo.

La Basilica non è apparsa nella sua imponenza, sì così appariva ma l’atmosfera era naturale e semplice come se tutti fossero andati a dare il proprio saluto ad un loro caro. I bambini al loro nonno i genitori al loro padre.

Il volto ceruleo del papa non è restato nella mente perché troppo energica e vitale è stata la sua immagine da vivo.

Durante tutto il camminamento fino all’altare centrale, dove era posta la bara del Santo Padre, le persone erano con lo sguardo rivolto verso l’alto cercando di catturare e conservare immagini solenni nella propria memoria.

In fila per dare al Papa l’ultimo saluto

Un segno della croce davanti alla bara di papa Francesco, senza fermarsi, e si poteva restare a pregare nell’altare posto a sinistra.

Poi alle tredici è suonato il vespro e un corteo di sacerdoti in abito bianco si è recato all’altare principale a celebrare la liturgia, alcuni fedeli sono accorsi altri sono rimasti un altro poco in contemplazione. Le poche donne che con le proprie figlie si sono coperte il capo come si usava un tempo, consuetudine oggi sempre più rara, mi hanno ricordato l’assonanza tra religioni.

Le tombe imponenti dei Papi ci hanno poi accompagnato all’uscita della basilica, dove non tutti si son fatti il segno della croce.

Una volta abbandonato il sagrato l’incanto è svanito, ci ha invaso il rumore dei tubi di metallo che gli operai si apprestavano a montare per realizzare il grande palco per il funerale di sabato, oltre al vociare di donne, uomini, bambini.

Usciti da piazza San Pietro e svoltato di nuovo l’angolo oltre piazza del santo uffizio, il vagabondo e la sua donna avevano consumato il loro pasto e lei accasciata su una sedia al bordo della strada schiacciava un pisolino. Chissà se da lassù Papa Francesco li stava proteggendo.