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Il presepe napoletano e la sua simbologia

I personaggi e gli elementi del presepe napoletano hanno tutti un preciso significato

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Le origini del presepe napoletano

Il primo riferimento storico al presepe napoletano risale addirittura al 1021, e già a partire dal XIV secolo possiamo trovare diversi testi che fanno riferimento alle opere presepiali partenopee.

Gli scenari e i personaggi che caratterizzano il presepe napoletano compaiono già nel XV secolo e si diffondono a partire dal 1600, arricchendo la tradizionale raffigurazione della natività così come rappresentata nei due secoli precedenti.

Nascono i cosiddetti “Figurinai”, e cioè gli artigiani creatori di statuette, che incominciano ad inserire nel presepe scene di vita quotidiana e appunto nuove figure, che rappresentano tutta una serie di simboli sia sacri che profani, e che raggiungeranno il loro apice nel 1700, il secolo d’oro del presepe napoletano.

Ma vediamo quali sono, e cosa simboleggiano, i personaggi del presebbionapoletano.

I personaggi del presepe

Innanzitutto Benino, il pastorello che dorme in un angolo della scena e che secondo la tradizione napoletana sta sognando l’intera rappresentazione del presepe, simboleggia l’intera umanità che viene risvegliata dalla nascita del Divino.

I Pastori e le Pecore rappresentano i Sacerdoti che guidano il gregge dei fedeli all’incontro con Dio.

Venditore di cibo

Venditore di cibo

Poi ci sono i venditori di cibo, che nella tradizione sono sempre dodici, in quanto stanno a rappresentare i dodici mesi dell’anno: gennaio macellaio o salumiere, febbraio venditore di ricotta e formaggio, marzo di polli e altri uccelli, aprile venditore di uova, maggio coppia con cesto di frutta, giugno panettiere, luglio venditore di pomodori, agosto di anguria, settembre venditore di fichi o seminatore, ottobre vinaio o cacciatore, novembre venditore di castagne e dicembre pescivendolo o pescatore.

Nel presepe classico partenopeo non mancano le lavandaie, raffigurate mentre stendono i panni candidi che rappresentano la verginità di Maria.

In prossimità della grotta c’è poi il pastore della meraviglia, che assiste alla nascita di Gesù con bocca e braccia spalancate a simboleggiare la sorpresa, la meraviglia appunto, dell’uomo di fronte alla manifestazione del Divino; secondo alcuni si tratterebbe di Benino risvegliato dal suo sogno.

Altre figure tipiche del presepe napoletano sono mendicanti, zoppi e ciechi: questi rappresentano le anime del Purgatorio che chiedono ai vivi di pregare per loro.

Ci sono poi due personaggi particolari, che di sacro non hanno molto.

Il primo, la zingara, rappresenta l’allegoria della profezia della nascita di Gesù, che secondo la leggenda era stata predetta da una Sibilla. La zingara del presepe ha in mano tre chiodi, che stanno ad indicare la futura crocifissione del Cristo, e dunque il sacrificio attraverso cui si realizza la salvezza offerta da Gesù.

Ciccibacc ngopp a bott

Ciccibacc ngopp a bott

Il secondo è Ciccibacc ngopp a bott, un pagano tra i cristiani. E’ grasso e con le guance rosse e viene rappresentato davanti alla cantina con un fiasco di vino in mano o che trasporta una carretta piena di botti, ovviamente di vino. La sua presenza nel presepe sta a simboleggiare proprio la contrapposizione tra sacro e profano, tra il bene e il male.

Infine i Re Magi, che rappresentano il viaggio da Oriente del sole attraverso le tre fasi del giorno, mattina pomeriggio e sera, e dunque hanno cavalli di diversi colori, uno bianco come il sole che nasce, uno rossiccio come il sole al tramonto e uno nero come la notte.

I Re Magi dopo la notte arrivano di fronte al Cristo, che rappresenta il sole che risorge, e simboleggiano il mondo che si ferma per la nascita del figlio di Dio.

Le ambientazioni del presepe

Ma anche alcuni luoghi, alcune ambientazioni che per tradizione ritroviamo in tutti i presepi napoletani, hanno una simbologia ben precisa.

Un elemento essenziale del paesaggio del presepe è il cosiddetto “scoglio”, e cioè una parte costituita da rocce, comunemente resa con del sughero di colore scuro, colore che richiama un aspetto notturno e dunque misterioso. Lo scoglio è pieno di sentieri tortuosi, lungo i quali i pastori scendono verso la grotta, posta più in basso e ovviamente in primo piano: occorre scendere nelle tenebre (appunto i sentieri tortuosi) prima di raggiungere la luce, rappresentata dalla nascita di Gesù.

Un’altra costante è il cielo stellato, che richiama il percorso della stella e soprattutto la vergine, che è sia cielo che terra.

Vi sono poi altri particolari la cui presenza è fondamentale, anche questi tutti ricchi di simbologie.

Il pozzo, che rappresenta il collegamento tra le acque sotterranee e la superficie, per alcuni simboleggia la bocca dell’inferno e per altri il buio in cui ogni uomo può sprofondare nonostante la salvezza offerta da Dio.

La fontana

La fontana, e vicino a questa una donna, stanno a ricordare l’annuncio della nascita di Cristo fatto dall’arcangelo Gabriele alla Vergine, che secondo i Vangeli apocrifi sarebbe avvenuta appunto vicino a una fontana.

Il ponte rappresenta il passaggio che porta “dall’altra parte”, e quindi anche nell’aldilà, nell’ignoto.

Il mulino attraverso il movimento delle proprie pale simboleggia il tempo che gira, e che rinasce la notte di Natale. Inoltre ricorda sia la vita che la morte, in quanto produce la farina, che è bianca come la morte ma è anche elemento essenziale per fare il pane, simbolo di vita.

Il fiume rappresenta il fluire del tempo e, con il richiamo dell’acqua al liquido amniotico, il parto e la nascita della vita.

Infine la locanda, che all’epoca d’oro del presepe napoletano, il 1700, era sì luogo di accoglienza, ma anche luogo frequentato da prostitute e imbroglioni, e dunque rappresenta i peccati degli uomini.

Tanti personaggi e tanti elementi ricchi di significati, che nonostante il passare del tempo e il maggiore spazio che nell’allestimento oggi viene lasciato alla fantasia, continuano ad essere prevalenti nel presepe napoletano conferendogli quel fascino che sopravvive al trascorrere dei secoli.