Il Torino, una delle società più iconiche del nostro calcio, tra pochi giorni compie 118 anni in un clima sempre più avvelenato dal malcontento e dalle proteste della tifoseria.
Il Torino e la contestazione dei tifosi
Il bersaglio principale dei tifosi granata è, oramai da diverso tempo, sempre lo stesso: il presidente Urbano Cairo, accusato di gestire il club tenendolo in una situazione di mediocrità, senza ambizione di rafforzare la squadra e anzi vendendo di volta in volta i “pezzi” più pregiati.
Alessandro Buongiorno in maglia granata
La marcia di protesta dei tifosi granata dello scorso agosto contro la cessione dei due giocatori più rappresentativi della rosa, Bellanova e soprattutto Buongiorno, cresciuto nel vivaio granata, è stata l’episodio recente più eclatante, ma in realtà i rapporti tra presidente e tifosi non hanno quasi mai vissuto momenti idilliaci.
Va detto che i supporters granata non hanno tutti i torti: Urbano Cairo in quasi venti anni di presidenza non è riuscito a far fare al Toro il salto di qualità atteso dai tifosi, all’epoca fiduciosi nelle possibilità economiche e nelle capacità imprenditoriali del nuovo presidente.
La gestione Cairo
L’imprenditore di origini piemontesi nel settembre 2005 ha acquistato il Torino per la “clamorosa” cifra di 10.000 euro grazie al cosiddetto “Lodo Petrucci”, la procedura in base alla quale il titolo sportivo di una società calcistica, qualora la sua affiliazione fosse stata rifiutata, poteva essere conferito su richiesta del suo sindaco a una nuova società della stessa città, ammessa a partecipare al campionato di categoria immediatamente inferiore.
In quasi venti anni di presidenza Cairo, il club granata dopo le prime stagioni caratterizzante da un saliscendi tra Serie A e B, risiede stabilmente nella massima serie oramai dal 2012, ma ha raggiunto come massimi risultati soltanto due settimi posti in campionato, un ottavo di finale di Europa League e un quarto di finale di Coppa Italia.
Secondo i tifosi non c’è mai stata la volontà, o forse la capacità, di rinforzare la squadra nell’ambito di un progetto a medio-lungo termine.
La società in alcune occasioni ha pure investito parecchio sul mercato (in stagioni passate ad esempio sono stati spesi 15 milioni per Niang e Zaza, e addirittura 25 per Verdi), ma negli anni ha soprattutto ceduto i giocatori migliori senza effettivamente dare mai l’impressione di volere, o potere, allestire una squadra più ambiziosa.
In più, se fino a qualche anno fa perlomeno il Torino poteva vantarsi di “mantenere i conti in ordine”, a partire dal post-covid anche la situazione economico/finanziaria del club è progressivamente peggiorata.
L’ultimo bilancio, chiuso al 31 dicembre 2023, è il sesto consecutivo in perdita ed evidenzia un risultato netto negativo per 9,5 milioni di euro (nel 2022 era in perdita per 6,8 milioni), con ricavi che dipendono in maniera decisiva dai diritti TV (52 milioni su 101 di fatturato) e dalle plusvalenze (23 milioni); il patrimonio netto si è ridotto a 4,3 milioni (era di 14,2 milioni nel bilancio precedente) e i debiti totali sono aumentati di 16 milioni arrivando a quota 159,3.
In più, la società granata non ha proprietà immobiliari, per cui l’unico “asset” è rappresentato dai cartellini dei calciatori (al momento quello di maggior valore è di Ricci, per circa 40).
I rumors sulla cessione del club
Ecco allora che l’annuncio di Cairo (“Se arriva qualcuno più bravo di me, sono disposto a valutare una cessione: i ventenni finiscono…”) è stato accolto con entusiasmo dai tifosi granata, che sperano rispondano a verità le voci che vogliono interessati al club la Red Bull (già sponsor del Toro) e il fondo Saudita PIF.
Che siano questi o altri gli eventuali acquirenti, il club granata, uno dei più gloriosi del nostro calcio, con un valore stimato in circa 150-200 milioni di euro potrebbe effettivamente rappresentare una interessante occasione di investimento.
Tutto sta a capire se dietro alle dichiarazioni rilasciate alla stampa da Cairo ci sia da parte del presidente la reale volontà di cedere la società.